Riconosciamo solo due opzioni: andare diritti al centro o superarlo, restare all’interno del confine o oltrepassarlo. Non discuto che ci siano delle ragioni che ci portano a scegliere per l’una o l’altra ipotesi pur considerando le infinite approssimazioni e variabili, ma è certo che dobbiamo escludere che le due diverse azioni possano accadere contemporaneamente. Ebbene se facciamo astrazione del tempo, tanto il centro che la sua periferia potranno essere toccati in un’unica mossa. Attenzione, siamo nell’ordine dell’evento e non più del fatto. Trattenere le cose all’interno dei confini del senso, è la ragione di ogni sapere, ma ricordiamoci che la singolare ambizione dell’arte è invece di intercettare l’urto dell’accadere di un evento. L’opera di Pietro Fortuna scoraggia la pretesa ancora diffusa che l’arte, rilasciando i propri effluvi simbolici, possa emanciparci dai disagi del mondo, per mostrare piuttosto un’indisponibilità a essere segno di qualcosa, insistendo con la stessa pazienza che assumono le cose nel persistere nella loro evidenza.